domenica 6 aprile 2014

DECOSTRUZIONE
... si configura come una strategia di lettura dei testi della tradizione metafisica, volta a metterne in luce gli scarti, i vuoti, le fratture, le discontinuità, le aporie, le strutture ideologiche e attanziali, anziché l'unità intrinsecamente manifesta e voluta da essi. 
(da: http://it.wikipedia.org/wiki/Decostruzionismo ).
Il post-strutturalismo o decostruzione riapriva  il testo verso l'esterno con chiavi di lettura, però, programmaticamente destabilizzanti. Il vecchio, il preesistente, la norma classica e convenzionale  non si annulla, ma cambia completamente di significato.
Termine e divulgazione scaturiscono dalla mostra del 1988 a New York da un'idea di Philip Johnson e curata da Mark Wigley, già considerato pioniere con la mostra "The International style" nel 1932, dove con internazionale intendeva ricollocare l'arhitettura moerna di "stile internazionale" in un quadro di già grande fermento e cambiamento.
Scopo della mostra del 1988 non era di definire il decostruttivismo come stile architettonico quindi, ma certamente descrivere e promuovere nuovi mezzi di analisi svincolati dai precedenti sistemi, lavorando proprio sui contrasti con il costruttivismo, il post-modernismo ed in genere modificare (decostruire) il significato delle icone tradizionali e convenzionali.
Paradigma del nuovo tempo e del nuovo vivere è "la comunicazione" come qualche anno prima sosteneva il sociologo statunitense Alvin Toffler; L'umanità vive ormai la sua terza fase, e dopo aver ampiamente superato le criticità del mondo agricolo e quello industriale, la produzione materiale acquisisce un senso più metaforico e fondato sui processi economici dell'informazione ed il suo predominio sui processi di produzione classici. Il prodotto si carica di un valore che può tendere all'infinito e limitato solo dalla potenza dell'informazione.
Questa nuova ondata, non deve essere vista come un allontanamento dalla capacità dell'uomo di produrre beni materiali o come un pericoloso distacco dalla realtà, anzi una possibilità di sviluppare capacità cerebrali nel produrre informazione pura e e sviluppare al meglio tutti i campi, nasce qui il concetto di mixitè.


EMBT Biblioteca Palafolls 1997-2006


Avvicinandosi alla città di Palafolls si delineano sullo sfondo delle vicine colline questi elementi architettonici simili a fagioli che seguono le curve dello sfondo.



 La sensazione che si prova all'interno del complesso è di iniziale smarrimento. L'unico elemento prontamente visibile è il tetto "continuo" mentre l'organismo si rivela piuttosto introverso. E' un'unica grande sala, open space che si lascia penetrare dalla luce zenitale che filtra dalle increspature dovute ai movimenti del tetto; definendo "magicamente" dei confini flessibili.




Pochi libri e un sogno. L'edificio è semplicemente una costruzione in un giardino. Non c'è nessun richiamo ai parametri classici di una libreria. Un motivo di ricerca è stato quello di definire diversi percorsi tra le mura, delineando una sorta di labirinto naturale scaturito dalla gravità stessa e dai movimenti del tetto, così da generare un forte contrasto di forme e funzioni tra la superficie ipogea e quella esterna. L'edificio si configura tra l'altro nei pressi dello "Sport Centre" di Irata Isozaki.







La struttura della libreria è basata su un sistema di pilastri che lavorano all'interno di un sistema indipendente dalla pelle, costituita da stringhe e altri componenti esterni prefabbricati.
Sulla sommità della pelle è una cornice atta a proteggere le finestre a nastro sottostanti per tutta la lunghezza del profilo dell'edificio.



La fonte primaria di luce è riconducibile ad un sistema di lucernai organizzati su una griglia funzionale alle aree di lettura. 

Nessun commento:

Posta un commento